Intervista – Ecco le parole rilasciate alla nostra Redazione da mister Massimo Cirillo, ex tecnico delle giovanili di Crotone e Catanzaro.
(Esclusiva): continua il nostro viaggio alla ricerca di mister, dirigenti e altre figure del calcio giovanile pronte a rispondere alle nostre domande.
Oggi è la volta di mister Massimo Cirillo che, con molto disponibilità, ci ha raccontato la propria storia ed il suo metodo di lavoro.
Di seguito la SECONDA e ULTIMA parte dell’intervista, nella giornata di Giovedì 4 dicembre abbiamo pubblicato la PRIMA PARTE CLICCA QUI
1-2-3-4 domande nella prima parte, ecco il prosieguo dell’intervista dalla 5^ all’ 8^ domanda.
5) In che modo motiva gli atleti, soprattutto nei momenti di difficoltà?
“Nei momenti di difficoltà, cerco innanzitutto di ascoltare l’atleta e comprendere ciò che sta realmente vivendo, sia sul piano emotivo sia su quello tecnico. Se sceglie di aprirsi anche sul versante umano, ritengo fondamentale accoglierlo e valutare insieme come sostenerlo, garantendo sempre che ciò che viene condiviso rimanga riservato. Solo dopo questa fase decidiamo il da farsi, mantenendo come priorità l’aspetto umano.
Adotto un approccio che integra feedback costruttivo e rinforzo positivo: metto in luce ciò che sta funzionando, per alimentare la motivazione, e allo stesso tempo offro indicazioni chiare su cosa può essere migliorato. Mi impegno a far percepire la difficoltà come una parte naturale del percorso, non come un fallimento, trasformandola in un’opportunità di crescita.
Mantengo un atteggiamento energico e costruttivo, anche nei momenti più complessi, così da incoraggiare i giocatori a fare altrettanto. Metto al centro l’impegno e l’atteggiamento, cioè il percorso, più che il risultato finale, che è solo una conseguenza.
Valorizzo i successi, premiando non solo gli aspetti materiali ma anche quelli emotivi, e cerco di mostrare con l’esempio l’importanza di lottare e mantenere un atteggiamento propositivo in campo.”
Fonte Foto: ufficio stampa U.S. Catanzaro
6) Come gestisce le aspettative delle famiglie riguardo al rendimento sportivo dei figli?
“Non instauro rapporti diretti con i genitori: questo è compito della società. Invito sempre i ragazzi a non lasciare che i genitori entrino nelle dinamiche della squadra, perché le emozioni che vivono appartengono a loro, e chi non condivide la vita del gruppo difficilmente può valutarle in modo accurato.
La presenza in campo è proporzionata all’impegno e al merito: tutto si conquista attraverso il percorso. Anche io, per dire, vorrei allenare in Serie A, ma so che ogni traguardo arriva solo tramite il lavoro. Allo stesso modo, è fondamentale che tutti vedano che ogni scelta è fatta per il bene di ciascun atleta e del gruppo: premiare qualcuno che non lo merita crea solo danni.
Ciò non toglie che, da parte mia e dello staff, ci sia sempre rispetto per la persona, anche quando un atleta non viene impiegato. Non esistono trattamenti differenti: non fa parte della mia personalità sminuire qualcuno o farlo sentire meno degli altri.”
7) Quali valori cerca di trasmettere ai ragazzi attraverso il calcio?
“Il rispetto reciproco è il punto di partenza: il mio ruolo mi colloca naturalmente sopra al calciatore e sotto alla dirigenza, ma per il resto il rapporto è paritario. Le decisioni finali spettano a me, con il supporto dello staff, ma questo non modifica la qualità della relazione.
La squadra e i ragazzi devono riflettere i valori che guidano me e il mio staff: umiltà e abnegazione, che rappresentano le fondamenta del mio percorso. Durante le sedute c’è spazio anche per momenti più leggeri, perché il rapporto è costruito sull’empatia; ma quando arriva il momento di lavorare e sudare, si torna subito alla concentrazione e all’impegno.“
8) Obiettivi futuri?
“Ogni allenatore deve coltivare ambizione. Questo significa aggiornarsi costantemente, confrontarsi e crescere sia sul piano metodologico sia su quello personale. Il mio auspicio è quello di collaborare con società che pongono al centro la programmazione e la progettualità: senza un progetto serio non si formano talenti, né si costruisce una crescita duratura.
Per sviluppare una squadra è necessario lavorare sia sul gruppo sia sul singolo, perché i progressi individuali e quelli collettivi procedono insieme verso gli obiettivi.
Mi auguro quindi di trovare una società sia essa una prima squadra o un settore giovanile guidata da un management orientato a un programma pluriennale e a una visione di lungo periodo.”
